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L'insegnamento catechistico di San Pio XSan Pio X incontra i romani in una foto dellì'epocaSan Pio X è giustamente noto per molte cose: la sua lotta contro il modernismo, l'abbassamento dell'età della Prima Comunione, e la formulazione del Codice di Diritto Canonico tra le altre. Quello che oggi è forse meno noto è il suo intenso lavoro catechetico. Questo articolo, scritto nel 1953 da don Silvio Riva, fornisce qualche informazione in questo aspetto della sua vita e pontificato.


Nei giardini vaticani nei pomeriggi festivi tra il 1903 e il 1914, aveva luogo una scena inconsueta: le porte del Vaticano si aprivano ad lasciavano entrare una folla sempre crescente desiderosa di vedere e sentire il Papa, che voleva commentare il Vangelo e spiegare il catechismo come faceva quando era cappellano di Tombolo e parroco a Salzano. Poi dava la “benedizione apostolica”. L'atto era insolito per l'ambiente del Vaticano, ma non per lui che è nato “con il catechismo nel sangue”.

 

Il Magistero Catechistico di San Pio X

Pio X era l'anima che interpretava profondamente il ruolo del catechismo nella vita della Chiesa e la sua funzione salvifica nell'economia delle anime. Non è vano seguirlo, anche sommariamente, nella sua vocazione catechistica come appare quando si esamina il mistero della sua vita.


Si ricorda che durante la sua infanzia era diligente ed entusiasta alla scuola di Dottrina Cristiana nel suo paese natale di Riese, dove spiccava tra tutti i bambini della sua età; e quando era studente di liceo, durante le vacanze estive organizzava “corsi di catechismo a cielo aperto” sulla piazza del Santuario della Madonna di Cendrole, dove spiegava abilmente la dottrina cristiana, ascoltato con piacere e profitto dai bambini del paese. Le lezioni erano “attive”, accompagnate da canti alternate a preghiere, e rese vivaci dalla gestualità intuitiva del giovane catechista.


Ma una volta ordinato sacerdote, è stato durante gli anni del suo primo incarico come cappellano a Tombolo dal 1858 al 1867 che ha percepito la portata del problema della catechesi sia per bambini che per adulti. Grazie alla visione pratica che ha acquisito dal suo ministero pastorale, ha osservato che il polso della comunità cristiana si prende misurando la vitalità della sua istruzione catechistica: senza catechismo, non si fanno veri cristiani. Fu durante questi anni che, avendo istituito una scuola per i poveri, è venuto in contatto con i problemi vitali dell'educazione e della pedagogia, perché accade che dovesse sostituire l'insegnante di scuola elementare del paese. La sua consapevolezza dell'istruzione catechistica è diventata più acuta mentre era responsabile della parrocchia di Salzano (1867-1875), durante la quale vide i bisogni urgenti della gente.


“Vi prego e vi supplico di venire al catechismo. Saltate i Vespri piuttosto che il catechismo!”
, avrebbe detto più volte al suo gregge, certo che se avessero frequentato il catechismo, li avrebbe presto visti anche ai Vespri. Era convinto che l'ignoranza religiosa è la radice di ogni male. E' stato a Salzano che è nato nel suo cuore lo schema della sua famosa enciclica sulla catechesi, Acerbo Nimis; una volta che fu pontefice, semplicemente ha ratificato con la suprema autorità del magistero ciò che era maturato durante il suo ministero parrocchiale.


Ricordiamo il delizioso “catechismo di dialogo” che avrebbe amministrato in chiesa con il giovane don Giuseppe Menegazzi, del vicino paese di Noale, a cui accorrevano non solo i suoi fedeli, ma molti altri ascoltatori desiderosi della zona circostante. Durante le lezioni del “catechismo di dialogo”, i due sacerdoti parlavano tra di loro; uno faceva la parte dell'ignorante, e l'altro, dell'insegnante. Una certa gelosia naturalmente era sorta tra i sacerdoti dei paesi vicini, e questo strano modo di insegnare il catechismo è stato anche denunciato al vescovo, che ha risposto: “Fate altrettanto voi stessi”.


Questo curioso catechismo entusiasmava e interessava la gente, perché l'ignorante si faceva interprete intelligente ed efficace dei dubbi e difficoltà del pubblico. Lo zelo catechistico di Don Sarto non gli ha impedito di diventare consapevole di una dissonanza pedagogica: i libri di testo di catechesi non corrispondevano allo sviluppo mentale dei bambini, che erano stati tuttavia giudicati dal vescovo Zinelli, nel decreto della sua visita pastorale “ben istruiti nella dottrina cristiana”.


Il 18 aprile 1885, Giuseppe Sarto è stato eletto vescovo di Mantova. La sua prima visita pastorale gli ha aperto così bene gli occhi sui bisogni immediati della diocesi che durante le sue conversazioni con i sacerdoti, con amarezza e afflizione, ha sempre avuto sulle labbra il ritornello che avrebbe ripetuto ancora dopo essere salito alla Sede di Pietro: “Dottrina cristiana! Dottrina Cristiana! ! Dottrina Cristiana!”. In una lettera pastorale ai parroci nel 1885 e durante il sinodo diocesano tenutosi a Mantova il 10 settembre 1888, ha anticipato le regole pratiche che costellano l'Enciclica Acerbo Nimis del 1905:

«In ogni parrocchia bisogna stabilire una scuola di dottrina cristiana, e ogni Domenica e festa di precetto, il catechismo deve essere insegnato in ogni chiesa: il parroco spiegherà la dottrina cristiana ai bambini, e subito dopo insegnerà il catechismo alla gente dal pulpito. Durante l'Avvento e la Quaresima, bisogna dare un'istruzione speciale giornaliera ai ragazzi per prepararli alla confessione e alla comunione. Genitori, tutori, e datori di lavoro che di solito impediscono ai loro figli o sottoposti una frequenza regolare all'insegnamento della dottrina cristiana non possono ricevere l'assoluzione».


Questa sollecitudine pastorale l'ha spinto a informare il clero durante la sua seconda visita pastorale:

«Sarò particolarmente lieto del buon ordine e progresso dell'insegnamento della dottrina cristiana. Questo è l'argomento di cui vi ho parlato al mio arrivo nella diocesi. E' quello che ho energicamente consigliato in tutte le parrocchie durante la mia prima visita pastorale, ed è il soggetto in cui insisterò di più durante la mia seconda visita» (Lettera n. 501).


Monsignor Sarto aveva un sogno, e lo condivideva con entusiasmo con i suoi sacerdoti: vedere le chiese della diocesi trasformate in grandi scuole di dottrina cristiana per il popolo. Ha chiesto l'aiuto di tutti, dichiarando che “si sarebbero guadagnati la profonda gratitudine del suo cuore per l'aiuto a lui prestato in una parte così importante del suo ministero episcopale”. Così ha scritto in una lettera al clero del 19 aprile 1893. Le sue magnifiche lettere di catechesi costituiscono una sintesi pratica della pedagogia e della tecnica pastorale del magistero religioso e, a mio parere, meriterebbero di essere raccolte e organizzate in un volume e pubblicate, perché sono documenti di una pertinenza bruciante per il nostro tempo.


Un certo numero di episodi successivi mostrano il suo zelo e l'intervento fermo e paterno a favore del compimento di questo dovere pastorale molto serio. Monsignor Sarto era un vescovo coraggioso che ha osato suonare nelle profondità del ministero e di esporlo nei suoi aspetti meno dinamici. Egli non ha esitato a denunciare certe forme di eloquenza ecclesiastica che non riuscivano a corrispondere alla vera necessità delle anime, come ha scritto nella sua lettera al clero del 12 ottobre 1885:

“Preferisco di gran lunga che le conferenze quaresimali, che il più delle volte dimostrano di essere assolutamente inutili, perché le persone non capiscono alcune omelie, siano soppresse e l'oratore distinto predichi nel deserto, piuttosto che i fedeli rimangano senza dottrina cristiana e catechismo pastorale“.


In risposta a una domanda sulla prassi pastorale rappresentata da alcuni parroci, vale a dire se la spiegazione del Vangelo potrebbe sostituire la lezione di catechismo, ha senza mezzi termini risposto nella lettera sopra citata:

«No, la spiegazione del Vangelo, pur necessaria, non può prendere il posto dell'istruzione catechistica, perché questi sono due compiti molto diversi. La spiegazione o omelia fatta sul Vangelo, anche se è adattata alla scarsa capacità degli ascoltatori, presuppone che i fedeli siano già istruiti sui rudimenti della fede, perché questi vengono richiamati al volo, per così dire, mentre l'istruzione catechetica deve proporre una verità di fede o morale cristiana e spiegarla in tutte le sue parti ...

Al contrario la preparazione per l'insegnamento del catechismo non può essere fatta con poca attenzione; essa richiede studio, ancor più che per la preparazione di una predica eloquente. E' stato detto bene che è più facile trovare un predicatore di un catechista che può dare una buona istruzione. Qualunque sia l'attitudine che uno pensa di avere, on si potrà mai insegnare fruttuosamente il catechismo senza una preparazione diligente. Il pretesto che il popolo è grossolano e rozzo aumenta solo il dovere di passare più tempo a studiare che se si dovesse parlare a persone colte e istruite».


E' necessario aggiungere che il magistero catechistico di Pio X non è maturato sulla Sede Pontificia, ma è stato la fruizione laboriosa e considerata della sua lunga esperienza pastorale nel mondo delle anime viventi? Ad ogni passaggio, spiccano corrispondenze evidenti. Pio X è noto per la stesura del suo “Catechismo”, che è un formulario preciso della dottrina cristiana.


L'origine del 'catechismo uniformato' risale a settembre 1889, quando si è tenuto il primo Congresso Catechistico Nazionale a Piacenza, presieduto da quel vescovo eccezionale e catechista che era mons. Giovanni Battista Scalabrini, Vescovo di Piacenza. Mons. Sarto era occupato con la sua seconda visita pastorale e così non è riuscito a partecipare. Tuttavia, ha presentato una mozione e un augurio per la redazione di un catechismo che avrebbe dovuto essere soddisfacente per chiarezza e semplicità delle formule, da essere messo nelle mani della gente e comprensibile da essa. Il catechismo in uso nella diocesi di Mantova non lo soddisfaceva, né i catechismi delle diocesi vicine, che aveva studiato con attenzione, perché, come confidò al suo clero in una lettera del 19 aprile 1893, “con tutto il rispetto per i consigli e metodi, non ne ho ancora trovato alcuno che possa essere adattato alle esigenze e condizioni della nostra diocesi“.


Da notare che durante la fase preparatoria del Congresso Catechistico, nel corso di una discussione per determinare se l'idea di un unico catechismo, chiesta da molti, si doveva includere tra i temi di interesse del congresso, mons. Scalabrini, anima equilibrata e raffinata, ha espresso il timore “che il congresso usurpasse l'autorità dei vescovi” che hanno il diritto di scegliere e di imporre il catechismo che ritengono più adatto alla loro diocesi. Ma quando è stata letta la mozione del Vescovo di Mantova, che ricordava un desiderio identico formulato dai Padri del Concilio Vaticano I, nel corso di una sessione esecutiva, l'opinione generale si è spostata verso questo obiettivo pratico, ed è stato il mons. Scalabrini il primo ad esprimere parere positivo.


Anche se aveva “deciso di non fare riferimento allo sviluppo di un catechismo uniforme durante il Congresso”, si è dimostrato immediatamente molto felice di parlarne e di concludere con una petizione da mandare alla Santa Sede. Gli atti e i documenti del Primo Congresso Catechistico di Piacenza, stampati dalla Stampa Episcopale della stessa diocesi nel 1890, riferiscono con precisione il fatto e riproducono il testo della mozione di Mons. Sarto, che merita di essere conosciuta, almeno nei passaggi più interessanti:

«Il sottoscritto Vescovo di Mantova saluta rispettosamente il Primo Congresso Catechistico, e fa una proposta che egli desidera vedere discussa dai dotti ecclesiastici che ne prenderanno parte.

Di fronte all'abbondanza di catechismi che, soprattutto quelli pubblicati di recente, mancano non solo nella forma ma anche nella precisione dogmatica, è desiderabile avere un testo unico da adottare per l'insegnamento nelle scuole della Dottrina Cristiana.

Anticipando l'obiezione che questa non è una questione che può essere trattata durante un congresso locale, perché i vescovi, maestri dei fedeli affidati alle loro cure, hanno il diritto di presentare, ognuno nella propria diocesi, il catechismo nella forma che ritengono più opportuna, al Congresso non viene chiesto di deliberare, ma solo di manifestare la sua volontà su questo tema e di farla conoscere alla Sede Apostolica.

Infatti, come la Santa Sede ha istituito il Catechismus ad Parochos, che appartiene alla Chiesa Universale, allo stesso modo è auspicabile che ci sia un catechismo storico, dogmatico, morale e popolare, scritto in forma di domande e risposte brevi, che sarebbe insegnato in tutte le Scuole della Dottrina Cristiana e tradotto in tutte le lingue, in modo che anche in questa materia, tutti siamo labii unius; e questo sarebbe il fondamento delle altre più numerose istituzioni, che devono essere stabilite dal parroco e dal catechista».


Egli ha supportato il suo desiderio con motivi di ovvia urgenza pratica, come ad esempio l'uniformità del linguaggio catechistico del bambino in famiglia e in parrocchia; la migrazione frequente dei fedeli da una parrocchia all'altra, un argomento che alludeva al lavoro del Mons. Scalabrini per gli immigrati e da una nazione all'altra; e il fatto che Libro della Dottrina Cristiana di San Roberto Bellarmino, anche se composto per ordine di Clemente VIII, “dimostra di essere molto difficile per le menti incolte, non solo dei bambini, ma anche degli adulti, che in questo settore sono 'quasi geniti infantes' ”. Mons. Sarto non esclude qualche difficoltà, che egli giudica “trascurabile in relazione ai grandi vantaggi da acquisire”.


Egli ha suggerito il testo della risoluzione:

“Il Primo Congresso Catechistico rivolge una preghiera al Santo Padre, che possa comandare la redazione di un catechismo popolare e facile della Dottrina Cristiana, sotto forma di domande e risposte molto brevi, suddiviso in diverse parti, e che rende obbligatorio in tutta la Chiesa“.

Ha poi aggiunto un'osservazione di grande interesse biografico e apostolico, perché è lode e riconoscimento indiretto di quello che lui stesso, come Pio X, avrebbe fatto per la realizzazione pratica di questa stessa mozione episcopale:

“Non sarebbe la minore delle glorie del Suo Pontificato, e il primo Congresso Catechistico di Piacenza avrebbe il merito di aver promosso un lavoro di profitto immenso per le anime“.

Egli doveva essere quello che realizzava questa petizione, che il Congresso ha trasmesso alla Santa Sede, e questa gloria pontificia sarebbe sua solo 14 anni più tardi, quando è diventato papa. L'impresa non era facile, ma Pio X non aveva paura di diventare impopolare, perché nella sua anima era ancora don Giuseppe Sarto, il cappellano di Tombolo e arciprete di Salzano: vale a dire, un uomo di Dio e lavoratore della Chiesa.


Questo è successo a Mantova. A Venezia, quando ha regnato sulla sede patriarcale, ha ripetuto con forza questo magistero catechistico, stigmatizzando una formalità oratoria deplorevole, che rimaneva, come ha acutamente osservato, “nelle alte vette del pulpito, più vicina alle canne dell'organo che non al cuore della gente“. Così si esprimeva in una lettera al suo clero del 17 Gennaio 1895.


C'è un documento di notevole valore e di rilevanza pastorale proveniente dal cardinale Sarto appena due mesi prima della sua adesione alla sede patriarcale: si tratta di una lettera ardente di zelo e piena di amarezza paterna, non indegna di autentica letteratura patristica. In essa si vede l'idea del primato dell'insegnamento dei pastori d'anime che ha la precedenza sul ministero liturgico e sacramentale, un tema che si riprenderà con vigore profetico nella grande enciclica che rimane sovrana tra i documenti pontifici in materia di catechesi, perché presta attenzione alle parole di Cristo, che precedono i baptizantes. Ecco i suoi passaggi essenziali:

«Noi predichiamo troppo e insegniamo troppo poco. Dobbiamo mettere da parte questi discorsi fioriti e predicare piamente e semplicemente alle persone le verità della fede, i precetti della Chiesa, gli insegnamenti del Vangelo, i vizi e le virtù, perché capita spesso che le persone ben istruite nelle scienze profane non conoscono o conoscono male le verità della fede, e del catechismo ne sanno meno dei bambini idioti. Pensate al bene delle anime più che all'impressione che sperate di fare. La gente ha sete di verità: sia dato loro ciò di cui hanno bisogno per la salvezza delle loro anime; e così, istruiti nella propria lingua, toccati e mossi, piangeranno sui loro difetti e si avvicineranno ai Sacramenti divini».

Questi insegnamenti del cardinale Sarto annunciano i documenti del Papa Pio X: il pontificato non farà che aumentare la loro autorità e forza.

 

 

Segue.

 


Fonte: Don Silvio Riva, 1953 su Le Courrier de Rome

Pubblicato in Angelus (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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