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Il richiamo di Papa Leone XIV a San Pio X e a Giovanni Paolo I: La carità pastorale fondamento del ministero petrino.

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Nel passo conclusivo dell’omelia pronunciata da Papa Leone XIV domenica 25 maggio 2025 nella Basilica Lateranense in occasione del possesso della cattedra di Vescovo della Diocesi di Roma, si manifesta una densità teologica che trascende la semplice rievocazione storica e si inserisce nel cuore stesso del mistero del ministero petrino.


Il richiamo alle parole del Beato Papa Giovanni Paolo I (pontefice dal 26 agosto 1978 alla notte tra il 28/29 settembre 1978), a sua volta ricollegatosi all’esclamazione di san Pio X (pastore della Chiesa universale dal 1903 al 1914) nel suo ingresso a Venezia come Patriarca, non è un omaggio formale, bensì un gesto carico di significato ecclesiologico e cristologico: un atto di autocomprensione del “munus” episcopale alla luce della carità pastorale, che ha in Cristo Buon Pastore il suo archetipo eterno e la sua misura trascendente.


Nel dire “anch’io vi offro “quel poco che ho e che sono””, Leone XIV, pur con il suo stile, si pone in continuità con una linea spirituale che interpreta il servizio apostolico non secondo la logica della potenza mondana, quanto in termini di oblazione esistenziale. L’”essere per gli altri”, proprio del ministero ordinato, si radica ontologicamente nella configurazione a Cristo Capo e Sposo della Chiesa, realizzata “ex opere operato” nella ordinazione episcopale e portata a pienezza nel vincolo sacramentale che lega il Vescovo di Roma all’Urbe e, per essa, all’universo ecclesiale. Offrire se stessi, nel poco e nel molto, significa rendere trasparente l’”essere-in-Cristo” del Pastore: “in persona Christi Capitis”.


San Pio X, evocato nella sua affermazione accorata ai Veneziani, viveva questa dimensione come coscienza affettiva e dottrinale del dovere pastorale: “Cosa sarebbe di me, se non vi amassi?” è interrogativo che scaturisce da un cuore teologicamente formato, per il quale l’amore pastorale è parte integrante della “fides quae per caritatem operatur”. È precisamente in questo orizzonte che si inserisce il magistero gestuale di Leone XIV: l’amore al popolo, fondato sulla verità di Cristo, non è sentimento ma atto teologale, radicato nella carità infusa dallo Spirito e ordinato alla “salus animarum”, fine supremo di ogni azione ecclesiale. Il Beato Papa Giovanni Paolo I, a cui Leone XIV si riferisce con affetto filiale, fu figura esemplare di questa semplicità evangelica fondata teologicamente sulla “kenosis” del Figlio.


Quel “poco che ho e che sono”, lontano da ogni autocommiserazione o populismo spirituale, è la traduzione concreta del mistero pasquale nella vita del Pastore: povertà accolta e offerta, perché sia Cristo a operare nella debolezza, secondo la logica paradossale della Croce (“virtus in infirmitate perficitur”). Così, il Papa si presenta come “servus servorum Dei”, secondo una grammatica della regalità rovesciata che trova la sua norma nell’economia della Redenzione. Infine, l’invocazione conclusiva alla Vergine Maria, figura tipologica e reale della Chiesa, suggella teologicamente l’intero discorso. Maria, la “Ecclesia immaculata” in persona, è colei in cui l’offerta totale di sé, “Ecce ancilla Domini” narra l’evangelista Luca, diviene principio di fecondità salvifica per tutti. Porre sotto la sua intercessione “quel poco che si ha e che si è” non è, dunque, un gesto secondario, ma il riconoscimento di una mediazione materna che, nella divina economia, accompagna e custodisce ogni autentico esercizio dell’autorità ecclesiastica.


In Maria, il Papa riconosce il modello della perfetta risposta alla chiamata divina e l’icona vivente di quella Chiesa che egli è chiamato a servire con umiltà, verità e amore. Così, in questo breve passaggio finale, Papa Leone XIV ha saputo condensare una visione teologica profonda del pontificato: non solo successione, ma comunione; non solo autorità, ma amore oblativo; non solo governo, ma servizio sacramentale della verità nella carità. Un pontificato che si apre sotto il segno della Tradizione viva e santificante della Chiesa.

 

 

 


Fonte: Daniele Trabucco (Professore strutturato in Diritto Costituzionale e Diritto Pubblico Comparato presso la SSML/Istituto di grado universitario «San Domenico» di Roma, dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico presso l’Università degli Studi di Padova) e Aldo Rocco Vitale (Docente di Filosofia del Diritto presso l’Università Europea di Roma).

Pubblicato in ticinolive.ch

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