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Papa Pio X, per nulla impreparato

 

 

Papa Pio X, per nulla impreparatoPio X, quando i papi non parlavano in modo prolisso e inutile.Il testo qui sotto viene da un tempo in cui i papi non si vergognavano di chiamare se stessi, e di farsi chiamare, P​apa.

La loro autorità veniva non solo dal loro ufficio, ma dal modo in cui lo esercitavano. E si sentivano obbligati a trasmettere intatto il deposito della Fede e ad usarlo per comprendere un mondo che cambia e affrontare le sfide di tempi turbolenti. Non hanno mai chiesto che il modo Cattolico di pensare si adattasse al mondo. Piuttosto, hanno chiesto che il mondo si adattasse ad esso.

Un bell'esempio è Notre charge apostolique ("Il nostro mandato apostolico"), la lettera ai vescovi francesi con cui Papa San Pio X si è mosso decisamente contro [[Le Sillon]].

La solidità del pensiero e la chiarezza del linguaggio sono molto lontani dal modo di parlare e scrivere in modo prolisso e inutile dei nostri tempi. Non ci sono circiterismi. Non ci sono appelli alle emozioni. Questo non è scritto in modo che la gente si senta bene, ma perché la gente apprenda la Verità.

Inoltre, visto con i soliti spettacoli del Vaticano II, lo stile di scrittura è "non inclusivo" e "non caritatevole". Puoi giurarci che è "non inclusivo"; quanto al "caritatevole", bisogna capire prima il significato della parola.

Di seguito sono riportati alcuni estratti della lettera.

Godetevi un grande Papa.

 

"Orbene, la dottrina cattolica ci insegna che il primo dovere della carità non consiste nella tolleranza delle convinzioni erronee, per quanto sincere esse siano, né nella indifferenza teorica o pratica per l’errore o per il vizio in cui vediamo immersi i nostri fratelli, ma nello zelo per il loro miglioramento intellettuale e morale, non meno che per il loro benessere materiale. Questa stessa dottrina cattolica ci insegna pure che la sorgente dell’amore per il prossimo si trova nell’amore di Dio, padre comune e comune fine di tutta l’umana famiglia, e nell’amore di Gesù Cristo, di cui siamo le membra al punto che consolare un infelice equivale a far bene a Gesù Cristo stesso. Ogni altro amore è illusione o sentimento sterile e passeggero.

"Separando la fraternità della carità cristiana intesa in tal modo, la Democrazia, lungi dall’essere un progresso, costituirebbe un disastroso regresso per la civiltà. Infatti, se si vuol arrivare, e noi lo desideriamo con tutta l’anima nostra, alla maggior quantità di benessere possibile per la società e per ciascuno dei suoi membri, per mezzo della fraternità, oppure, come ancora si dice, per mezzo della solidarietà universale, sono necessarie l’unione degli spiriti nella verità, l’unione delle volontà nella morale, l’unione dei cuori nell’amore di Dio e di suo Figlio, Gesù Cristo. Orbene, questa unione è realizzabile soltanto per mezzo della carità cattolica, la quale solamente, di conseguenza, può condurre i popoli sul cammino del progresso, verso l’ideale della civiltà.

"In primo luogo, il suo cattolicesimo si accorda soltanto con la forma del governo democratico, che giudica essere la più favorevole alla Chiesa, e, per così dire, confondersi con essa; perciò assoggetta la sua religione a un partito politico. Non siamo tenuti a dimostrare che l’avvento della democrazia universale non riguarda l’azione della Chiesa nel mondo; abbiamo già ricordato che la Chiesa ha sempre lasciato alle nazioni il compito di darsi il governo che ritengono più vantaggioso per i loro interessi. Ciò che vogliamo affermare ancora una volta dopo il nostro predecessore, è che vi è errore e pericolo nell’asservire per principio il cattolicesimo a una forma di governo; errore e pericolo che sono molto più grandi quando si fa la sintesi della religione con un genere di democrazia le cui dottrine sono erronee.

"Ma sono ancor più strane, nello stesso tempo spaventose e rattristante, l’audacia e la leggerezza di spirito di uomini che si dicono cattolici, che sognano di rifare la società in simili condizioni e di stabilire sulla terra, al di sopra della Chiesa cattolica, "il regno della giustizia e dell’amore", con operai venuti da ogni parte, di tutte le religioni oppure senza religione, con o senza credenze, purché dimentichino quanto li divide, le loro convinzioni religiose e filosofiche, e mettano in comune quanto li unisce, un generosi idealismo e forze morali prese "dove possono". Quando si pensa a tutto quanto è necessario in forze, in scienza, in virtù soprannaturali per istituire la città cristiana, e alle sofferenze di milioni di martiri, e alle illuminazioni dei Padri e dei Dottori della Chiesa, e alla dedizione di tutti gli eroi della carità, e a una potente gerarchia nata dal Cielo, e ai fiumi di grazia divina, e il tutto edificato, collegato, compenetrato dalla Vita e dallo Spirito di Gesù Cristo, la Sapienza di Dio, il Verbo fatto uomo; quando si pensa, diciamo, a tutto questo, si è spaventati nel vedere nuovi apostoli intestardirsi a fare di meglio mettendo in comune un vago idealismo e virtù civiche. Che cosa produrranno? Che cosa sta per uscire da questa collaborazione? Una costruzione puramente verbale e chimerica, in cui si vedranno luccicare alla rinfusa e in una confusione seducente le parole di libertà, di giustizia, di fraternità e di amore, di uguaglianza e di umana esaltazione, il tutto basato su una dignità umana male intesa. Si tratterà di un’agitazione tumultuosa, sterile per il fine proposto e che avvantaggerà gli agitatori di masse meno utopisti. Sì, davvero si può dire che il Sillon scorta il socialismo, con l’occhio fisso su una chimera.

"In altri ambienti è di moda, quando si tocca la questione sociale, mettere anzitutto da parte la Divinità di Gesù Cristo, e poi parlare soltanto della sua sovrana mansuetudine, della sua compassione per tutte le miserie umane, delle sue pressanti esortazioni all’amore del prossimo e alla fraternità. Certo, Gesù ci ha amati di un amore immenso, infinito, ed è venuto sulla terra a soffrire e a morire affinché, riuniti attorno a Lui nella giustizia e nell’amore, animati dai medesimi sentimenti di carità reciproca, tutti gli uomini vivano nella pace e nella felicità. Ma, per la realizzazione di questa felicità temporale ed eterna, Egli ha posto, con un’autorità sovrana, la condizione che si faccia parte del suo gregge, che si accetti la sua dottrina, che si pratichi la virtù e che ci si lasci ammaestrare e guidare da Pietro e dai suoi successori. Inoltre, se Gesù è stato buono con gli smarriti e con i peccatori, non ha rispettato le loro convinzioni erronee, per quanto sincere sembrassero; li ha tutti amati per istruirli, per convertirli e per salvarli. Se ha chiamato a Sé, per consolarli, quanti piangono e soffrono, non è stato per predicare loro l’invidia di un’uguaglianza chimerica. Se ha sollevato gli umili, non è stato per ispirare loro il sentimento di una dignità indipendente e ribelle all’ubbidienza.

"Tuttavia questi sacerdoti non si facciano deviare, nel dedalo delle opinioni contemporanee, dal miraggio di una falsa democrazia; non prendano a prestito della retorica dei peggiori nemici della Chiesa e del popolo un linguaggio enfatico, pieno di promesse tanto sonore quanto irrealizzabili. Abbiamo la convinzione che la questione sociale e la scienza sociale non sono nate ieri; che in ogni tempo la Chiesa e lo Stato, felicemente concertati, hanno suscitato a questo scopo organizzazioni feconde; che la Chiesa, che non ha mai tradito la felicità del popolo con alleanze compromissorie, non deve distaccarsi dal passato e che le basta riprendere con la collaborazione dei veri operai della restaurazione sociale, gli organismi infranti dalla Rivoluzione e adattarli, nel medesimo spirito cristiano che li ha ispirati, al nuovo ambiente creato dall’evoluzione materiale della società contemporanea: infatti i veri amici del popolo non sono né rivoluzionari, né novatori, ma tradizionalisti".

 

 


Fonte: Mundabor (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Brani della Lettera Apostolica Notre charge apostolique tratti da Totustuustools.net

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