Iscrizione al bollettino settimanale

Fortezza: un lato del carattere di Pio X

 

 

Papa Pio X

Ai piedi della tomba di Pio X, finché essa rimase nel silenzio religioso delle grotte vaticane, era stata infissa una breve iscrizione lapidaria, così stilata: «Pauper et dives / mitis ed humilis corde / reique catholicae vindix fortis / instaurare omnia in Christo / satagens / pie obiitude XX aug. MCMXIV».

In Pio X, dunque, oltre la povertà e la ricchezza, la mitezza e l’umiltà di cuore, veniva esaltata anche la ‘fortezza’ ed in essa vogliamo fermare con brevità devota, certo inadeguatamente, lo sguardo commosso.

Il bambino Giuseppe Sarto trasse, dalla nascita, i doni spirituali e morali del padre Giambattista, ma più della madre Margherita, la quale, vedova in ancor giovane età, carica di piccoli figli, priva di adeguati mezzi per tirare avanti la famiglia, seppe dimostrarsi dotata di ‘senno virile’, come il figlio Cardinale le riconobbe, facendo incidere questa dote della pia genitrice sulla di lei pietra tombale.

Pio X esercitò sempre e dovunque questa virilità d’animo, di cuore, di volontà, di intelligente operosità, alla luce della preghiera ed alla necessità delle circostanze.

Scrive A. Royo Martin in ‘Teologia della perfezione Cristiana’, che la fortezza è un ambito soprannaturale, che irrobustisce l’anima affinché pratichi per istinto dello Spirito Santo ogni specie di virtù eroiche, con l’invincibile fiducia di superare i maggiori pericoli e le maggiori difficoltà che possono sorgere.

Papa Sarto ebbe in grado eminente questo ‘abito soprannaturale’ e lo stesso suo Glorificatore Pio XII di v.m. parlando il 20 agosto 1939 ai pellegrini triveneti, a Castelgandolfo, lo dimostrava, esclamando:

“Egli (Pio X) è l’immortale Pontefice, radioso di bontà non scemata di autorità; di dolcezza temperata alla fermezza; di fortezza elevata a pastorale ed universale prudenza dai grandi amori della purità della dottrina cattolica, della libertà della chiesa, della riforma del diritto ecclesiastico, dell’intima vita religiosa del clero e del popolo!”.

Il Cardinale Sarto, eletto sommo Pontefice, fu l’oggetto più appassionante per la stampa e quella di opposta sponda cercò, frugò senza alcun risultato, i pensieri, gli atteggiamenti, l’indirizzo programmatico, la tendenza politica, la capacità direttiva e la forza volitiva del novo Eletto, formando un mosaico informe, mai capace di presentare, anche in sfumatura, la persona e la personalità di Pio X, meno questa che quella.

Egli, in quei giorni dell’infuocato agosto romano del 1903, fu visto come “il pontefice di transizione preconizzato come l’ideale del Rampolla”; come “il pontefice di transizione fra i due partiti in gara, quello del Rampolla e del Vanutelli”; fu indicato come “il pontefice dotato di tendenza duttile ed abile alla intransigenza, che è quanto dire la più fastidiosa, che no muterà il contegno del Governo né l’atteggiamento degli italiani” ed infine “al nuovo pontefice la legge nulla chiederà, che non possa concedere e nulla gli chiederà di quanto essa abbia diritto!”.

Ma venne la enciclica del 4 ottobre 1903 ‘E supremi apostolatus cathedra’ a spazzar via ogni arbitrario giudizio e previsione, anche se tale solenne documento “ha forte sapore di agrume”.

Perché? Perché la fortezza del petto apostolico del nuovo Pontefice si manifesta subito, interamente, senza tentennamenti, senza mezzi termini, senza possibilità di compromessi, che si sconterebbero più tardi; si manifesta tranquillamente ferma nei postulati, fiduciosamente e certa nello svolgimento, serenamente certa nel trionfo, anche se ritardato. Si manifesta decisa e forte per restaurare ‘omnia’ in Christo ed in quell’«omnia» si racchiudono il principio, il pensiero, la vita, il costume di fede e di religione, di morale, di disciplina di legislazione, di rapporti familiari e sociali.

Se vogliamo farci una idea della fortezza di Pio X, scorriamo le righe tracciate dal Suo Segretario di Stato Card. Merry del Val («Pio X: impressioni e ricordi», Edit. Messaggero S. Antonio, Padova, 1952).

“In Lui neppure l’ombra della debolezza… Quando veniva sollevata qualche grave questione, nella quale i diritti e la libertà della Chiesa richiedevano di essere affermati e fermamente sostenuti; quando la purità e l’integrità della dottrina cattolica dovevano essere strenuamente difese, o quando si doveva mantenere la disciplina ecclesiastica contro rilassatezze od influenze profane, allora Pio X rivelava tutta la forza e tutta l’energia del suo carattere, il vigore inflessibile di un grande governatore, compenetrato della responsabilità del suo altissimo officio e dei doveri che Egli deve compiere a qualsiasi costo!

In simili occasioni era assolutamente vano tentar di scuotere la sua costanza; qualunque tentativo per intimorirlo con minacce o lusingarlo con pretesti puramente sentimentali, era inevitabilmente destinato a fallire.

In tali circostanze, dopo giornate di ansiosi pensieri e dopo molte notti insonni, io l’ho veduto, mentre poggiava il braccio sullo scrittoio, chiudere lentamente il pugno e stringerlo fortemente.

Allora, sollevando la testa, con uno sguardo profondo e severo di quei suoi occhi, che abitualmente erano così tranquilli e soavi, Egli manifestava la sua definitiva decisione ed esprimeva il suo giudizio in poche e ben ponderate parole.

Si capiva allora che non vi era niente altro da dire o da fare”.

In questo atteggiamento di fortezza pensiamo Pio X, nella grave questione di Francia; la legge laica delle associazioni culturali, votate dal governo dell’ex seminarista massone Combes.

“Papa Sarto si fece lasciare dal Card. Merry del Val il documento; lo depose sull’altare della cappella privata e durante la notte non dormì, pregò fino all’alba davanti all’altare ed al Cardinale, che di buon’ora sollecitava una risposta, disse stanchissimo ma fermissimo: NON POSSUMUS!” (P. Bargellini, «Santi come Uomini», Edit. Vallecchi, Firenze).

Questa risposta di suprema fortezza urtò non pochi spiriti francesi, che nascosti sotto l’anonimo scrissero a Pio X: “Santissimo Padre! La nostra lingua che Voi non conoscete, il nostro spirito del quale non vi sono state spiegate le abitudini di secolare franchezza ripugnano dalle situazioni indecise e dalle formule enigmatiche e Voi non riterrete cattiveria se siamo desiderosi di conoscere le vere ragioni ed i validi motivi di quel NON POSSUMUS … che ha rattristato ogni buon cittadino ed ha fatto gioire, al contrario, tutti i fautori della violenza, dell’odio, della discordia …” (opuscolo anonimo in possesso dello scrivente).

Ma la fortezza non cedette.

Il Ministro di stato Emilio Ollivier affermerà che Pio X non pronuncerà mail il NON POSSUMUS; però se costretto a dirlo, con voce commossa lo pronuncerà e lo manterrà fermamente e per sempre! È la fortezza dei santi che agisce in Lui, vigilante, riflessivo, coraggioso. Il suo cuore di Padre universale intuiva, con particolare percezione, ogni voce discordante o contraria al sacro deposito in Sua vigilante custodia; ne intuiva le mire segrete e lontane; ne calcolava la portata; ne misurava le conseguenze ed al momento preciso interveniva, con esatto senso della responsabilità, con serenità di spirito, con tranquillità di coscienza, con certezza di vittoria, anche se non attuale.

Il Cardinale Mercier, arcivescovo di Malines (Belgio), scrisse nella sua pastorale del febbraio 1915: “… Pio X era un forte. Lo si direbbe autore di quella breve preghiera che in determinati giorni i sacerdoti recitano per il loro Vescovo: Oremus et pro Antistite nostro N.N. (Preghiamo anche per il nostro Vescovo). Stet et pascat in fortitude tua, Domine, in sublimitate nominis tui (Che egli si erga, il Pastore, forte della tua forza, o mio Dio sulle altezze di dove egli si presenta agli uomini in Tuo nome)”.

Ed ancora si domanda: “Se alla nascita di Lutero e di Calvino la Chiesa avesse avuto un Pontefice della tempra di Pio X, il protestantesimo sarebbe riuscito a distaccare dalla Chiesa il terzo dell’Europa cristiana?” (Card. Merry del Val, o.c.).

Chiaro episodio della fortezza di Papa Sarto si ha nell’episodio di Mantova, dove, per il genetliaco di Re Umberto, le autorità civili, politiche, militari assistevano, nella stessa mattinata, al canto del Te Deum in cattedrale e ad un rito religioso nella sinagoga. Il Vescovo Sarto, incurante della consuetudine, volle troncarla; “o con me o contro di me!”. Scrisse al Prefetto della città che se si avrà ancora la doppia celebrazione, si vedrà costretto a rifiutare di ricevere l’autorità e tener chiusa la cattedrale. Con termini così chiari, irremovibili c’era poco da pensare e meno da discutere. Con infelice ed impolitico provvedimento il Ministro Crispi, interrogato d’urgenza dal Prefetto, decise di eliminare ogni commemorazione della fausta data genetliaca! Almeno lo scandalo era tolto e per sempre, nonostante il misconoscimento del principio che la religione cattolica, apostolica, romana è la religione dello Stato.

Tutta la vita di Pio X sta a documentare che in Lui cresceva il coraggio nella stessa difficoltà degli eventi e tanto più gravi erano essi, quanto più corazzata nasceva la fortezza per fronteggiarli.

Un altro episodio – forse sconosciuto a tanti – del fermo carattere di Pio X si ha nella seguente lettera del Pontefice al Parroco di Casalpusterlengo (Lombardia); essa è una prova eloquente della chiarezza forte, della fortezza chiara del Santo Padre, che non ammette e non tollera inframettenze di sorta, che non abbiano fondamento di verità.

“Rispondo direttamente alla vostra lettera del 15 corrente, per autorizzarvi a dichiarare:

che, grazie a Dio, fino ad oggi il Papa sta bene, ciò che gli permette come negli anni decorsi di consacrare ogni giorno più di tre ore alle udienze ed altre tre agli affari delle Sacre Congregazioni e della sua Segreteria particolare;

che egli è affettuosamente assistito, nel governo della Chiesa, da vari Eminentissimi Cardinali, ma che nessuno di Loro si permette di fare, in suo nome, cosa alcuna che precedentemente non sia stata ordinata dal Papa, o con Lui fissata in pieno accordo;

che tutti coloro, che pretendono di affermare che ci sono tre Cardinali che comandano, sono degli esseri inqualificabili, come del resto non ne mancano mai nella Chiesa! Per sottrarsi alla sottomissione obbligatori, essi vogliono persuadere sé stessi che non ne sono obbligati in coscienza, perché non è il Papa che comanda” (Actes de Pie X, tome VII pag. 166, Edit. La bonne presse de Paris).

 

 

 


Fonte: Bepi Parolin in Ignis Ardens settembre-ottobre 1966

 

 

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